Il Lagotto Romagnolo, è una razza canina che affonda le sue radici nella storia antica dell’Italia, in particolare nella regione dell’Emilia-Romagna, ha una genesi affascinante che si snoda nei secoli. Attualmente conosciuto come eccezionale cercatore di tartufi. Questo cane ha attraversato un’interessante evoluzione nel corso del tempo, passando da cane da riporto acquatico a cercatore di tartufi.
Origini e storia
Se usiamo come parametro la pittura, per datare l’età storica del Lagotto Romagnolo, scopriamo che attorno alla metà del 1400 il grande pittore Andrea Mantegna, affrescando “La camera degli sposi”, presso il palazzo Ducale di Mantova, ritrasse in una scena un delizioso cagnolino molto simile al Lagotto Romagnolo moderno.
In un bellissimo articolo di Francesco Farina, pubblicato sul sito Club Italiano Lagotto, riguardante questo affresco si poneva alcune domande sul perché questo cane fosse posto nella scena, tra le gambe del marchese, e che ruolo avesse all’epoca il Lagotto.
Vorrei permettermi di dare una risposta dettata dal cuore più che da una conoscenza diretta.
Mantova, e il suo territorio, è percorsa da numerosi fiumi e canali e il passatempo preferito dai signori dell’epoca, era la caccia. Probabilmente quel Lagotto era il miglior cane da riporto del Gonzaga e data l’indole affiliativa di questa razza, sarà stato anche il più intimo e amato tra tutti i cani della sua corte. Quindi il Mantegna immortalandolo lì, tra le sue gambe, ha voluto raccontarci una storia di affetto reciproco.
Altre opere d’arte giunte dal passato sono: il ritratto del pittore Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino, a opera della sua bottega, dove in primo piano, tra lui e la sorella, è dipinto il suo cane che è chiaramente un Lagotto Romagnolo.
Tra il seicento e il settecento esistono altri ritratti, di questa razza, eseguiti da pittori minori, perché i suoi ricci e il suo musetto hanno una grande attrattiva.
Il nome lagotto
Il nome del “Lagotto” deriva dal nome dialettale “Lagott” col quale i romagnoli definivano gli abitanti delle zone palustri. e il loro cane venne chiamato “càn lagòt”.
Inizialmente, il Lagotto Romagnolo venne allevato come cane da riporto acquatico, specializzato nella caccia di anatre, beccaccini, eccetera nelle paludi e nelle zone lagunari nel delta del Po. Il suo mantello riccio e idrorepellente, insieme alle sue doti di nuotatore, lo rendevano perfetto per questo compito.
Transizione al tartufo
Con il prosciugamento delle paludi nel XIX e XX secolo, il ruolo del Lagotto cambiò. Gli allevatori, notando il suo eccezionale senso dell’olfatto e la sua predisposizione a scavare, iniziarono ad addestrarlo per la ricerca dei tartufi. Questa transizione segnò l’inizio della sua fama come “cane da tartufo” per eccellenza, un’attività che richiede un olfatto altamente sviluppato e un’ottima capacità di concentrazione e collaborazione durante la ricerca.
Salvare la razza dall’estinzione
Con l’arrivo della seconda rivoluzione industriale in Inghilterra, il ruolo del cane da lavoro accanto all’uomo cominciò a mutare. In breve tempo gli uomini iniziarono a fare incroci mirati, per ottenere dei cani con determinati canoni estetici e sociali.
La classe borghese volle distinguersi da quella operaia creando razze destinate alla pura compagnia. Fu così che iniziarono a nascere i vari kennel di razza. Anche in Italia, in quel periodo, alcuni nobiluomini cominciarono a dare vita a club cinofili.
Riconoscimento ufficiale e diffusione
Il Lagotto Romagnolo, seppur autoctono del nostro Stivale, in quanto cane da riporto di zone paludose economicamente meno ricche, con un aspetto più rustico rispetto ad altri cani simili, dovette attendere più di un secolo prima di essere iscritto nel libro genealogico delle razze a cura dell’ENCI e poi in quello internazionale della FCI.
In tale periodo, il nostro beniamino, ha persino rischiato l’estinzione e noi, oggi, avremmo perso un gran cane se non fosse stato merito di un gruppo di grandi appassionati, che negli anni 70 iniziarono un lungo percorso per il suo recupero.
Mi emoziona sempre leggere di come esso fu salvato e da come si è trasformato da cane degli acquitrini a essere l’unica razza riconosciuta per la ricerca del tartufo.
Lo standard di razza è stato ufficializzato e approvato dall’ENCI nel 1992.
Nel 1995, la Federazione Cinologica Internazionale (FCI) ha riconosciuto ufficialmente il Lagotto Romagnolo come razza canina italiana, appartenente al gruppo 8.
Nel 2023 il Lagotto Romagnolo Orca ha vinto il Best in Show al Crufts 2023.
Una razza italiana nell’olimpo cinofilo!
Preservazione della razza
Oggigiorno, il Lagotto Romagnolo, è diventato molto popolare sia in patria che nel mondo e la richiesta di cuccioli è sempre in aumento. Purtroppo a tutta questa rinomanza, corrisponde anche un rovescio della medaglia dove alcuni personaggi inseguono solo il guadagno scucciolando senza criterio.
Oggi, diversi allevatori e associazioni si dedicano alla preservazione e al miglioramento della razza.
La scelta di un cucciolo di Lagotto Romagnolo è un momento emozionante ma anche cruciale, che richiede attenzione e considerazione.
Un allevatore etico e serio, nel suo lavoro non mette solo amore e passione, ma soprattutto la conoscenza delle genealogie, l’esperienza, la ricerca dei migliori patner per le sue fattrici.
Con l’aiuto dei test genetici accoppia sempre e solo individui compatibili e sani, ha una cura particolare nell’alimentazione, si documenta sempre su nuovi studi della razza e del cane in generale.
La sua attività è sempre in divenire e mai statica, si confronta, volentieri, coi colleghi affinché questa amata razza migliori di cucciolata in cucciolata.
Conclusione
La storia del Lagotto Romagnolo è un esempio interessante di come la sinergia con l’umano, ha potuto adattare ed evolvere una razza canina preservando le sue ancestrali caratteristiche morfologiche, le sue motivazioni di razza e mantenendo il legame con la sua terra d’origine.
foto cane e citazione allevamento
Pubblicato dall’ Allevamento I Pignatei