Quante volte abbiamo incontrato proprietari di cani con gli occhi che brillano mentre, raccontando del loro fedele compagno a quattro zampe, esclamano con orgoglio: “Gli manca solo la parola!”
Con questa semplice frase, si riassume la risposta a anni di ricerca per dimostrare che il cane abbia, effettivamente una consapevolezza di sé e degli altri individui.
Il dibattito coscienza sì, coscienza no, dura da secoli.
Un esempio di questa contrapposizione di pensiero la troviamo già negli scritti di Pitagora, filosofo, matematico e scienziato greco, il quale presumeva che l’anima potesse trasmigrare dal corpo di un uomo a quello di un animale e cercava di trasmettere il messaggio di non uccidere gli animali e di seguire una dieta vegetariana, mentre il filosofo greco Aristotele definiva gli animali come cose.
Il pensiero aristotelico permeò per secoli, in quanto, definendo gli animali come oggetti, alla pari degli schiavi, ne dava un valore economico.
Soltanto nel 2007, il Trattato Europeo sulla tutela degli animali ha stabilito che il cane è un animale senziente, cioè esso riesce a provare dolore e gioia emotiva.
Come ci si è arrivati?
Se per gli amanti dei cani: proprietari, allevatori, etologi e cinofili era veritiero credere che i essi possedessero una coscienza, questa teoria non era dimostrata scientificamente.
Diversi ricercatori, più e più volte, avevano sottoposto i cani al test dello specchio, ma i nostri amici ne erano sempre usciti con una bocciatura.
Che cos’è il test dello specchio e cosa dimostra.
Per provare che un individuo possegga il senso della autoconsapevolezza, i ricercatori lo pongono in una stanza con un grande specchio, gli lasciano del tempo per prendere confidenza con l’immagine riflessa, quindi, creano una distrazione nel soggetto e gli applicano un segno su una parte del corpo. Quando il soggetto si specchierà nuovamente e vedrà che sulla sua immagine è apparso un segno, che prima non c’era, la consapevolezza di sè lo porterà a toccare quella parte del corpo.
Questo test è stato superato dai bambini sopra i 18 mesi, da alcune razze di primati, da un elefante asiatico, qualche gazza e dai cavalli, ma mai dai cani.
Qualsiasi razza o meticcio, guardando il suo riflesso, a volte abbaia, altre lecca, oppure marca con l’urina, ma qualsiasi segno, anche di diverso colore, venga posto su di lui non viene recepito.
Tutto questo era frustrante, perché i ricercatori intuivano che i cani sono emotivamente più complessi di quel che si pensa, ma non riuscivano a superare la “prova specchio”.
Finalmente un giovane biologo evolutivo italiano, Roberto Cazzolla Gatti, si è posto la domanda giusta sul cane: quale è il suo senso più usato? L’olfatto!
Fu così che ideò un test olfattivo per la consapevolezza di sé: Sniff Test of Self-Recognition.
Come si svolge questo test specchio/olfattivo?
Si usano dei contenitori forati: uno neutro, uno contenente l’urina del cane e un altro con la stessa urina modificata da un agente odoroso quale l’olio di anice.
Il soggetto non si ferma ad annusare la propria urina, ma quella contenente l’anice e in seguito si rotola su di essa. Lo stesso avviene se, invece di modificare l’urina, si sostituisce con quella di un altro cane.
Questo comportamento dimostra che il cane sa riconoscere sé stesso e gli altri, confermando la teoria che il cane possiede una coscienza.
La scienza conferma che questi straordinari animali possiedono un ricco universo emotivo e una profonda consapevolezza di sé. Ora possiamo dire, senza essere smentiti, che: al cane manca solo la parola.
Roberto Cazzolla Gatti è un ecologo e docente italiano. Evoluzionista e studioso della biodiversità. La sua ricerca interdisciplinare è dedicata alle differenti sfumature della diversità e conservazione biologica: vegetale, animale, microbica ed ecosistemica.
Pubblicato da Lagotto I Pignatei.it